Sisters: intervista a Marianna Fumai


Sisters è un documentario sul diritto alla salute e il diritto di scegliere sul proprio corpo e sulla propria vita. È un film che parla dell'obiezione di coscienza e della mancanza di accesso all'aborto in alcuni paesi europei. Ne parliamo con Marianna Fumai, regista e ideatrice di questo progetto.

(Intervista di Federica di Martino)

Ciao Marianna. Ci puoi raccontare come nasce il progetto Sisters?
Questo progetto nasce fra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 in seguito alla morte di Valentina Milluzzo
a Catania. È stato un evento che mi ha colpito profondamente.e che mi ha dato la misura di come si
possa morire in un paese con una sanità avanzata e di come sia possibile negare le cure mediche per
una convinzione religiosa. In quel periodo inoltre, prendeva corpo in Italia il movimento
Non Una Di Meno e un altro importantissimo contributo al progetto, lo devo a questa rete di donne
di cui faccio parte. Durante le assemblee nazionali ho seguito il tavolo di discussione
sul diritto alla salute sessuale e riproduttiva.
Centinaia di persone durante quegli incontri hanno condiviso esperienze e riflessioni che hanno
alimentato questo progetto e che mi hanno portata a incentrarlo sul lavoro di alcuni gruppi di attiviste
che permettono alle donne in paesi europei con leggi restrittive o con un'altissima obiezione di
coscienza, di accedere all'aborto. Il mio intento è quella di parlarne a partire dalla risposta delle donne
a questa situazione.


Da quello che è stato il tuo lavoro puoi raccontarci sommariamente qual è la situazione dell’obiezione di coscienza in Italia e nel resto d’Europa?
In Italia in media 7 medici su 10 non eseguono aborti e la situazione addirittura peggiora in larga
misura al Sud, arrivando anche a superare il 90%. Una questione che va sollevata sull'obiezione di
coscienza è che a volte chi decide di diventare obiettore, non lo fa esclusivamente per una
motivazione religiosa, ma perchè applicare la legge 194 costa la propria carriera.
A causa del loro scarso numero, i medici non obiettori, sono costretti a praticare soprattutto
interruzioni di gravidanza, vedendosi spesso negata la possibilità di dedicarsi anche ad altro
.Inoltre i medici che applicano la legge 194 si ritrovano frequentemente in situazioni di lavoro
molto difficili, con infermieri e anestesisti che praticano l'abuso di obiezione
(la legge prevede che solo il medico che esegue concretamente l'aborto possa dichiararsi obiettore).
Anche la formazione accademica forgia medici obiettori: succede che nei corsi di Ginecologia e
Ostetricia si alimenti lo stigma sull'aborto concorrendo a formare professionisti che si dichiareranno
obiettori una volta fuori dalle Università.
Nel resto d'Europa la situazione varia parecchio: in Francia e Inghilterra l'obiezione di coscienza
è davvero bassissima, mentre in Polonia, dove è possibile abortire solo in caso di gravi malformazioni
fetali, in caso di pericolo di vita per la donna e in caso di una gravidanza risultante da una violenza,
le donne hanno difficoltà ad accedere all'IVG proprio a causa dell'alta obiezione di coscienza.
In Irlanda, dove si sta lavorando all'introduzione di una legge che regoli l'accesso all'aborto,
i medici che vogliono dichiararsi obiettori, hanno chiesto di non avere l'obbligo di indicare
alla donna il collega non obiettore a cui rivolgersi, ma al momento questa ipotesi è stata scartata
fortunatamente.


Secondo te perché c’è ancora il bisogno di rivendicare le pratiche di autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria salute riproduttiva?
Il diritto di scelta delle donne soprattutto in questo momento, è in pericolo in Italia e nel resto del
mondo. In Italia si diffondono le mozioni comunali che tentano di limitare l'accesso all'aborto,
finanziando le associazioni cattoliche pro-life (che sarebbe meglio definire piuttosto no-choice).
Le politiche dell'attuale governo sono dichiaratamente contro l'aborto e alcuni suoi esponenti fanno
parte del comitato NO194 per l'abrogazione della legge o c’è addirittura chi ha dichiarato di voler
impedire alle donne di abortire, auspicando di arrivare ad una situazione analoga a quella
dell'Argentina. Anche in Polonia la destra ultra-cattolica ha tentato per ben due volte,
l'ultima lo scorso marzo, di creare ulteriori restrizioni all'accesso all'aborto,
costringendo le donne a proseguire la gravidanza anche in caso di malformazioni fetali.
I movimenti delle donne in questo caso, hanno creato una durissima opposizione in Polonia
e nel resto d'Europa con la Czarny Protest (Black Protest) bloccando la riforma in entrambi i casi.
Anche negli Stati Uniti ultimamente si cerca di introdurre leggi che condannino chi esegue
o accede all’aborto, addirittura con la pena di morte.


Come sai, il nostro blog nasce per parlare di aborto e contrastare lo stigma del dolore e della colpa che ad esso è troppo spesso associata. Rispetto al documentario hai avuto modo di approfondire questo aspetto? Cosa hai riscontrato?
L'aborto può essere vissuto in tanti modi, diversi quante sono le persone che ne fanno esperienza.
La vita è complicata e ci sono tanti fattori che possono determinare questa scelta.
Una donna su tre in media decide di interrompere una gravidanza, è un'esperienza molto più comune
di quanto si pensi eppure continua ad essere qualcosa di cui parlare sottovoce o di cui non parlare
affatto o peggio, qualcosa per cui provare vergogna e senso di colpa.
L'idea che le donne abbiano un innato istinto materno e che siano votate a prendersi cura degli altri,
figli e/o anziani contribuisce a una narrazione che stigmatizza chi decide di sottrarsi a questo ruolo.
Ho conosciuto donne che pur essendo sicure della loro scelta hanno provato senso di colpa.
“Qualcosa che ti sta intorno e che ti entra nel cervello” mi ha detto un'amica una volta.
Un progetto molto interessante, analogo al vostro e attivo in Polonia è Aborcyjny Dream Team On Tour,
che costruisce nel paese una narrazione libera dal senso di colpa e dal giudizio sull'aborto.


Il progetto di Sisters è un progetto che potremmo definire corale, fin dal nome. Abbiamo la possibilità di sostenere questo film attraverso un crowdfunding. Puoi dirci come sostenerlo e darci 3 buone ragioni per farlo? È possibile sostenere il progetto diffondendolo e contribuendo alla campagna di raccolta fondi
lanciata su indiegogo a questo link https://www.indiegogo.com/projects/sisters--14#/ .  
Inoltre sto raccogliendo testimonianze di donne che abbiano dovuto affrontare l'obiezione di coscienza.
Queste esperienze saranno inserite in formato audio e in forma anonima all'interno del film,
per rendere tangibili le difficoltà materiali e non, che deve affrontare una donna che decida di
interrompere la gravidanza. Un buon motivo per sostenere Sisters è che il suo intento è quello di
sollevare il dibattito sull’accesso all’aborto, sullo stigma che porta con sé e sulle situazioni che ancora
oggi le donne in Europa devono affrontare per la loro autodeterminazione.Molte persone ignorano
quello che succede: bisogna parlarne, far conoscere e portare consapevolezza di un problema che
oltretutto non riguarda soltanto le donne, ma anche i loro partner, i loro padri, i loro fratelli.
Tutta la società ne è coinvolta.


Cosa diresti alle donne che ci stanno leggendo?
Vorrei dire loro che non avere la possibilità di accedere all'aborto mette in pericolo la vita delle donne,
sia che si tratti di una scelta, come nel caso di un'interruzione volontaria, sia che si tratti di una
necessità per non rischiare la vita o la propria salute, come nel caso di un aborto terapeutico.
Diventare madre è una scelta, quando non lo è, diventa violenza.


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