Secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero, più di 84.000
donne hanno abortito in Italia nel 2016.
Questo atto, praticato sotto il controllo medico, è dei più semplici.
Eppure il percorso delle donne che abortiscono diventa
sempre più complesso. Il diritto all'aborto è minacciato: in pratica, sia dalle
difficoltà del servizio ospedaliero pubblico (per la presenza di un numero
elevatissimo di obiettori di coscienza), sia nei discorsi, perché l'aborto
viene regolarmente presentato come una tragedia da cui è impossibile
riprendersi, un trauma sistematico.
Questi discorsi sull'aborto sono slogan molto lontani da ciò
che la stragrande maggioranza delle donne vive e hanno lo scopo di spaventare e
di farli sentire colpevoli.
Siamo stufe di sentirci dire cosa pensare e sentire. Siamo
stanchi di questa forma di abuso politico, mediatico e medico.
L'aborto è un nostro diritto, l'aborto è una nostra
decisione. Questa decisione deve essere rispettata: non siamo sprovvedute o
incoscienti. Non dobbiamo sentirci in colpa, vergognarci o necessariamente
essere infelici. Rivendichiamo il diritto di abortire a testa alta, perché
difendere il diritto all'aborto non deve limitarsi a chiedere tolleranza o
comprensione.
Diciamo forte e chiaro che l'aborto è la nostra libertà e
non una tragedia.
Dichiariamo di aver abortito e di non avere rimpianti: stiamo
molto bene.
Chiediamo modalità per rispettare finalmente il diritto
all'aborto. Chiediamo il suo accesso incondizionato, ma anche la libertà di fare ciò che vogliamo
con il nostro corpo senza che ci venga detto come dovremmo sentirci.
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