Politica editoriale


Questo blog ha come vocazione quella di essere uno spazio di parola per le donne, che possono in tutta tranquillità offrire la loro testimonianza, senza paura che le loro parole possano essere oggetto di giudizio e di dibattito.
Noi non vogliamo pubblicare dei testi che attengano chiaramente a un discorso contro l’IVG o che chiaramente rimandino al fatto che l’IVG sia una questione esclusivamente drammatica. Noi non abbiamo paura del dibattito, ma i media in generale, e internet nello specifico, sono pieni di discorsi colpevolizzanti verso le donne e verso la scelta di interrompere una eventuale gravidanza.
Noi ci teniamo a preservare questo come uno spazio costruttivo, e non nell’investire le nostre energie contro quei motti per cui “sì all’IVG, ma…” oppure “l’IVG è un dramma”.
Ci preme creare una culturale tale per cui le donne possano dire senza paura che fare un figlio non rientra nei propri progetti di vita, che non ne vogliono, o non ne vogliono in quel momento.
Noi vogliamo disinnescare certi argomentazioni, di matrice veterocattolica, come quelli che riguardano la possibile anima del feto, un’idea che non pone un problema in quanto tale, ma che riguarda una credenza (precisiamo che non attribuiamo alcun significato peggiorativo all'idea di credere ) e soprattutto che è ampiamente utilizzato dai gruppi anti-aborto.

Noi rifiutiamo dunque lezioni di morale, ma anche le generalizzazioni del tipo “l’IVG non è un atto banale” oppure “basterebbe usare la contraccezione”: è sufficiente andare a leggere gli studi sull’IVG per comprendere che l’interruzione volontaria di gravidanza non è né un atto banale né considerata al pari di una contraccezione, così come il fatto che tutti i mezzi di contraccezione abbiano una percentuale di fallimento minima riconosciuta a livello medico.

Crediamo che la circolazione di parola possa permettere alle donne di riappropriarsi di spazi di rivendicazione e autodeterminazione sul proprio corpo, così come sulla propria capacità riproduttiva. Oggi più che mai non si parla di aborto, se non in termini negativi, che instillano il senso di colpa tale da relegare questa esperienza a un tabù a cui non è più possibile accedere. Noi crediamo che la nostra vita si componga di storie e di racconti che, uniti in questo tentativo di raccolta testimoniale condivisa, possano inscrivere una nuova narrazione che ci veda come donne protagoniste nuovamente dei nostri corpi e dei nostri diritti.

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