Un articolo del 2015 del Columbia Journal of Gender and Law (in allegato il link) affronta
la tendenza secondo cui i gruppi pro vita classicamente intesi
(infatti, come abbiamo sottolineato molte volte, sarebbe più
appropriato definirli “anti scelta” visto che anche chi abortisce
è a favore della vita) si stiano allineando sempre più a messaggi
liberali e femministi. La strategia è volta ad ammorbidire
un’immagine ormai stereotipata e rendere più tollerabili alcuni
messaggi che altrimenti sarebbero difficili da veicolare. Parliamo ad
esempio alle battaglie contro il Pregnancy Discrimination Act (PDA),
il congedo parentale paterno, oppure la promozione dell’aborto come
pratica eugenetica da contrastare. Nell'articolo del 2013 di Mary
Ziegler nel Berkeley Journal of Gender, Law and Justice fornisce una
storia dettagliata del femminismo pro-vita, valutando l'evoluzione
delle "femministe pro-vita, socialmente conservatrici,
autoproclamate" e il loro ruolo crescente nel dibattito
sull'aborto. Considera anche la decennale storia legislativa della
Legge sulla discriminazione in gravidanza, che, come discusso mostra
gli obiettivi della legge sull'uguaglianza femminile nella forza
lavoro e la salvaguardia del diritto di una donna di sopportare e
crescere i figli. Tuttavia, la strategia di destigmatizzazione del
movimento pro-vita ha guadagnato vigore negli ultimi anni, dal
momento che il femminismo pro-vita si rivolge a "una nuova
generazione di giovani donne che rifiutano l'illusione che essere
pro-donna sia una scelta a favore".
A partire da queste riflessioni, vogliamo dunque provare a definire
alcune caratteristiche, espressioni e visioni del/della prolife
inconsapevole, quell@ che è convinto/a con tutte le sue forze di
essere a favore del diritto di scelta, ma che nei fatti può
perseguire due strade: la prima è quella di una revisione
sostanziale delle rigidità più evidenti (sei rimandato/a a
settembre per intenderci), la seconda, quella più dolorosa ma anche
efficace, prevede che si scelga di passare al lato oscuro dei
prolife, dove è giusto che le opinioni più radicali possano trovare
uno spazio di accoglimento.
Ovviamente parliamo di una guida scherzosa (ma non troppo come ogni
premessa in tal senso), con cui potrete giudicare voi stessi/e e gli
altri.
1- “E’ giusto che ognuno abbia la propria opinione”. Se avete
pronunciato almeno una volta questa frase in tema di aborto e salute
riproduttiva, stiamo per distruggere i vostri sogni di militanti
dalle vedute aperte e ricondurvi alla triste realtà. La democrazia,
ad oggi, risulta chiaramente sopravvalutata, soprattutto se legittima
la possibilità di dire castronerie a cui attribuire più o meno
validità. Di recente ho ascoltato in radio questa frase: “non so
se sapete che la spirale è abortiva, poi ognuno dica quello che
vuole, siamo in un Paese democratico, ma è così”. No, premesso
che la spirale è un mezzo contraccettivo e in quanto tale chi offre
informazioni mendaci in materia andrebbe come minimo condotto in un
laogai cinese, qui non parliamo di opinabilità sulle cose, qui
parliamo di scienza, di giurisprudenza, di leggi dello Stato.
L’opinabilità la riserviamo alle cene di Natale con i parenti per
avere conversazioni su cui litigare per almeno l’anno successivo,
siate più tranchantes e
ricordatevi che quelli della spirale abortiva, dei contraccettivi
d’emergenza abortivi, della legittimità dell’obiezione di
coscienza, hanno il vostro stesso diritto al voto.
2-“Sono a favore della 194, per la donna è sempre un dolore”.
Qui chiaramente giochiamo in casa, siamo l’amico/a gay che si
caccia all’occorrenza per dimostrare che non si è omofobi, siamo
il ragazzo nero al semaforo a cui compriamo i fazzoletti per
dimostrare che non si è razzisti, siamo l’amica femminista… no
quella proprio non si tollera. Insomma, se credete che l’aborto sia
sempre un trauma, una sofferenza, che ce la porteremo a vita nel
cuore, vi stiamo ampiamente dimostrando che è così. Ci sono
tantissime donne per cui l’aborto non solo non è stato traumatico,
ma anzi è stata una liberazione, per la paura di una gravidanza
indesiderata, di un compagno indesiderato o tantissime altre
motivazioni. Con questo, ci teniamo a ribadirlo, ognuna può vivere
la propria storia in un modo personale, l’importante è che sia
libera da vincoli legati alle tante narrazioni comuni di cui la
nostra cultura è intrisa.
Se a questa affermazione si dovesse aggiungere “sì, ma esiste la
depressione post aborto”, vi invitiamo direttamente a preparare i
cartelloni per la prossima marcia nazionale per la vita. Infatti,
vogliamo ricordarlo, la depressione post aborto ha la stessa valenza
delle scie chimiche o della terra piatta, non è avvalorata da alcuna
comunità internazionale scientifica riconosciuta, e mi dispiace ma
ogni riferimento tratto da “cattolicimedicinelcuore.it” oppure
“gesùèilmiodottore.net” non verrà preso in considerazione.
3-”Sono a favore della 194 però...”, non sappiamo cosa verrà
dopo quella frase, ma possiamo immaginare che non ci sia niente di
buono. Riconosciamo alla legge 194/78 numerosi limiti, in particolare
sulle funzioni dei consultori e la possibilità di dichiararsi
obiettore di coscienza, ma al momento pare che la legge sia questa e
non credo che l’attuale situazione politica ci possa permettere
passi in avanti. La legge 194/78 deve essere tutelata, ma
soprattutto, lo ribadiamo, va tutelato il diritto di un accesso
garantito e sicuro in TUTTE le strutture pubbliche italiane, nel
rispetto del vissuto soggettivo di ognuna, che anche se dopo aver
abortito decidesse di fare una festa, noi saremmo con lei a
congratularci, sorridere e brindare con un prosecco.
4- “Anche se obiettore un ginecologo può essere un bravo medico”,
questa frase è tratta da un recente dialogo ma investe molti più
ambiti. Personalmente (qui è tollerabile l’opinabilità, al punto
1 no) ritengo che l’etica sia uno degli elementi fondamentali per
la professione medica, quindi “il buon medico non obietta” come
diceva una vecchia campagna pubblicitaria. Ma il problema in sé è
ben altro, ovvero il pensare che se non abbiamo bisogno di abortire
poco ci può interessare di avere a che fare con un obiettore o meno.
Valga lo stesso per i farmacisti, ovvero “ma se devo comprare
l’aspirina che mi frega che il mio farmacista è obiettore o
meno?”, premesso che non potrebbe nemmeno farlo, a differenza del
medico, non essendo regolamentato dalle normative AIFA, ma non
possiamo pensare di sentirci chiamate in causa solo quando il
problema è nostro. Tutte le storie delle altre donne sono le nostre
storie, non sostenere professionisti che rispondano ad una visione
etica sulla salute riproduttiva e la libertà di scelta delle donne è
uno dei tanti atti di rivoluzione che possiamo individuare per
provare a invertire la rotta.
Questi sono solo alcuni degli spunti di riflessione per provare
insieme a fuoriuscire da una narrazione tossica e consolidata,
tentando insieme di riappropriarci non solo delle nostre pratiche di
autodeterminazione, ma anche che ogni donna possa sentirsi libera nel
rivendicare la propria esperienza e senta il sostegno reale di chi le
è intorno. Siamo donne, sorelle, abbiamo bisogno di stare dalla
stessa parte, di dire che stiamo benissimo, e se non ci stiamo domani
andrà meglio, perché girandoci troveremo sempre qualcuna a
sorriderci e starci accanto.
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