La verginità, il sangue e altri miti




Per migliaia di anni, varie culture si sono fissate in modo maniacale sulla verginità. Mica quelle dei maschi, quella delle femmine. All’uomo non può capitare di essere “madonna” o “puttana”, puro o impuro, mentre alle donne sì. L’espressione inglese pop her cherry, letteralmente “stappa la sua ciliegina”, porta a credere che una donna vergine sia come una bottiglia di champagne, di cui bisogna fare “saltare il tappo”. Ciò sottintende che il sesso femminile cambi radicalmente dopo il primo rapporto. Avrete capito che non è così.

Nel linguaggio medico, quando si parla della donna, si usa la metafora del fiore innocente. La perdita della vagina viene chiamata “deflorazione” con una terminologia chiaramente ingenua. Sembrerebbe quasi che, attraverso varie culture, gli uomini si siano messi d’accordo per scovare il modo di controllare la donna, limitandone la sessualità e la capacità di disporre del proprio corpo.
Come avrete capito è arrivato il momento di parlare dell’imene: oggetto mitico, situato all’ingresso della vagina, che ancora oggi può costare alla donna l’onore e perfino la vita. E’ inconcepibile che venga ancora fatta una simile differenza tra le donne e gli uomini, e che una cosa così bella e vitale come il sesso possa significare, per una donna, la “rovina”. Quando, oltretutto, si comprende che i luoghi comuni sull’imene e sul sanguinamento sono solo dei miti, il tutto rasenta l’assurdo.

L’imene è tradizionalmente visto come una specie di sigillo di castità, che dovrebbe lacerarsi e sanguinare al primo rapporto sessuale: il sangue viene considerato una prova di verginità. Un tempo tale dimostrazione era così importante che, dopo la prima notte, alla finestra degli sposi veniva appeso il lenzuolo macchiato di sangue, in modo che il vicinato potesse constatare che tutto era andato come si deve.
Il mito dell’imene recita così: se sanguini dopo un rapporto, questa è la prova che non hai mai fatto sesso prima. Se invece non sanguini, ecco dimostrato che non sei vergine. Ma questo mito, come la maggior parte dei miti, è completamente falso.
Vediamo: appena entro l’orifizio vaginale si trova un lembo di mucosa a forma di anello. E’ proprio questo a essere stato chiamato membrana o velo virginale. Noi lo chiamiamo imene.
Tutte le donne nascono con un imene, ma non vuol dire che serva a qualcosa. L’imene femminile è il corrispondente del capezzolo maschile: non svolge nessuna funzione, è solo un residuo della vita fetale.
L’imene non è sottile come una pellicola di cellophane: è spesso, largo e robusto. Prima della pubertà è generalmente piatto e a forma di ciambella con il buco. Poi, quando entra in scena la grande orchestra degli ormoni, anche l’imene, come altre parti del corpo, si trasforma. Dopo la pubertà, spesso assume la forma di una mezzaluna, si allarga dietro verso l’ano, pur mantenendosi a corona sulla parete della vagina, ma con al centro un buco più grande. Perlomeno questa è la teoria, nella realtà NON C’É ALCUNA REGOLA RIGUARDO ALL’ASPETTO DELL’IMENE.
La maggior parte delle donne hanno un imene circolare con una cavità centrale, non tutti però sono lisci e regolari. Spesso presentano grinze e rigonfiamenti, che non sono indicatori di attività sessuale.
Alcuni imeni presentano dei lembi che fuoriescono dall’apertura vaginale, altri assomigliano a un setaccio con tanti piccoli fori al posto di un unico grande buco al centro. Altri ancora appaiono come piccole frange lungo la parete vaginale.
Quale che ne sia la forma, e a parte rari casi, l’imene è duttile e flessibile. Tuttavia, è il punto più stretto di tutta la vagina. E se pure è vero che la vagina ha una capacità estrema di estendersi e di contrarsi,dopotutto è da lì che escono i bambini, l’imene non sempre riesce a dilatarsi abbastanza per una penetrazione. Funziona un po’ come un elastico: se lo tiri troppo forte, si rompe.
Al momento del primo rapporto sessuale con penetrazione, l’imene si dilata insieme al resto della vagina. Per molte donne va tutto liscio, per altre donne può lacerarsi e sanguinare leggermente. Tutto dipende dalla flessibilità dell’imene. E’ difficile stabilire con certezza il numero di donne che sanguinano durante il loro primo rapporto. Esistono dati, ma non sono univoci. Due ricerche norvegesi indicano rispettivamente che queste sono il 56% e il 40%. Non sono tutte dunque.

Un altro mito è quello del test di verginità, che presume di poter verificare se una donna abbia o meno già fatto l’amore. La vergine Maria questo test sembrerebbe averlo superato. Le ricerche sull’imene e sulle sue alterazioni spesso sono state condotte esaminando donne e ragazze che hanno subito un’aggressione sessuale. Secondo uno studio norvegese, alcune modificazioni dell’imene un tempo considerate sospette nelle bambine, come per esempio un’apertura troppo ampia o un bordi assottiglaito, oggi vengono interpretate come un indizio vago e non più una prova.
In definitiva, non è possibile sapere se una donna ha avuto o meno relazioni sessuali guardando le sue gambe. Ma soprattutto, che vi frega?

La verginità non è una perdita, non è uno spartiacque, e soprattutto non permettete a nessuno di giudicarvi per le vostre scelte sessuali. Inoltre, conoscendovi e conoscendo il vostro corpo, la prima volta non sarà particolarmente dolorosa, o quantomeno sarà un’esperienza divertente da ripetere tutte le volte che vorrete.
"Il libro della vagina"

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